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Le origini del Carnevale veneziano vanno ricercate nei festeggiamenti, con cui il popolo della Serenissima Repubblica celebrava, nel passato, la vittoria sui popoli sconfitti.

Nel tempo, Venezia divenne sempre più ricca e l'abbondanza e la prosperità dovevano trasparire anche da un Carnevale più ricercato nel fasto e nella prosperità, degni dei privilegi di gente smaniosa dì ogni tipo di divertimento.

Gradualmente i festeggiamenti guerreschi lasciarono spazio alle licenziosità e sollazzi di ogni tipo, riprendendo la tradizione dei Baccanali dell'antica Roma. Così, prendeva forma il vero e proprio Carnevale, che a Venezia raggiunse il suo acme nel '700, in concomitanza con il declino della Serenissima Repubblica.

LE ORIGINI DEL CARNEVALE

Il Carnevale nasce essenzialmente come festa religiosa, come corale manifestazione di tutto un popolo che usciva dalla lunga notte invernale e sentiva l'esigenza di comunicare con la divinità degli Inferi, nell'attesa del giorno della luce, della divinità solare, che veniva ridestata dagli schiamazzi, dalle tresche e dai lazzi dalla festa. Uno spettacolo popolare che avvicina il Carnevale italiano e latino ai Saturnali dell'antica Roma.

Infatti, il Carnevale, personaggio che viene pubblicamente messo a morte, dopo un breve periodo di dissolutezze, e di piaceri, andrebbe identificato con l'antico re dei Saturnali.

Il Carnevale fin dalle origini, vuole essere riscatto dalle privazioni del dopo, e non piacere fine a sé stesso. La religione cristiana penserà ad eliminare il ricordo dei rituali pagani.

I festeggiamenti nel Medioevo si tenevano in dicembre e in gennaio. Le libertà di dicembre erano auspicio di una franchigia, e qua e là in Europa, venivano eletti un "Papa dei matti" e un "Vescovo degli Innocenti". Nelle feste di gennaio, invece, si riprendevano rituali pagani, come la mascherata degli uomini-bestia e il corteo schiamazzante e vociante per le vie del borgo, il lutto accompagnato da canti licenziosi e da immancabili questuanti.

Il Carnevale del Rinascimento assume nuove forme e nuovi colori, con il fasto e la raffinatezza delle corti e delle grandi famiglie patrizie. Il Carnevale viene considerato l'esaltazione della schiettezza, dell'anticonformi-smo, al fine di restituire alla natura umana una nuova dignità, non frustrata dal peccato originale.

Durante il Rinascimento la maschera diventa un accessorio quasi obbligatorio fra i nobili francesi ed inglesi.

" Maschera " deriva da " Masca", termine che originariamente indicava " il morto", poi una specie di strega o di spirito maligno. Le maschere, quindi, in origine, rappresentavano le creature degli Inferi che ricompaiono sulla terra all'inizio di ogni ciclo annuale per fecondarla, sullo sfondo dell'eterna lotta tra il bene e il male.

Dalla Grecia, l'uso della maschera passa a Roma; uso che nell'età classica è limitato alle cerimonie e al teatro, mentre nel Medioevo si diffonde tra il popolo: le autorità ecclesiastiche interverranno duramente per limitarne l'abuso, in quanto facilitavano gli scandali, le violenze e gli intrighi. Per maschere si intendono anche i "tipi fissi", che già erano comparsi nelle antiche Atellane e derivano con ogni probabilità dai mimi dell'antica Grecia e Sicilia, Si formarono nuove maschere nel XVI secolo, con la rinascita della commedia, e poi specialmente con la Commedia dell'Arie. Con la decadenza della Commedia dell'Arte, si assiste all'evoluzione della maschera in personaggi "di carattere", assumendo caratteri tipicamente regionali. Nel '500 nobili, borghesi e le classi più umili giravano per la città mascherati durante il Carnevale, poi fino alla Festa di San Marco durante la fiera dell'Assunzione, nei mesi di ottobre e novembre, incluse le occasioni straordinarie. Più volte il Governo della Serenissima intervenne per regolare l'uso delle maschere con leggi particolari.

1339 - Le maschere non girino di notte per la città. 1458 -Si proibisce agli uomini di mascherarsi da donna e da buffoni.

1585 - Non portino armi.

1606 - Non entrino nelle chiese.

1703 - Proibite in tutto l'anno nelle case da gioco.

1718 - Proibizione ìn tempo di Quaresima.

Il trionfo della maschera si ebbe nel '700, con la "Bauta", che veniva portata da tutti: dalla gran dama alla servetta, dal gentiluomo al bandito.

L'uso della maschera a Venezia risale ai tempi della conquista del Levante, e ciò è testimoniato da una legge del 1268, che vieta ai mascherati di giocare con le uova. I fabbricanti di maschere ben presto si arricchirono, entrando a far parte dell'arte dei pittori. Le maschere vennero abolite durante il primo decennio austriaco.

IL CARNEVALE DI VENEZIA

Una prima testimonianza del Carnevale di Venezia si ha nell'atto con cui il Doge Faliero nel 1094 ne autorizzava i festeggiamenti. Ma è nel 1162 che avviene la sua consacrazione, grazie ad un evento drammatico: Ulrico, patriarca di Aquileja, con l'aiuto di feudatari friulani, attaccò Enrico Dandolo, costringendolo a rifugiarsi a Venezia. IL Doge Vital Michiel II  sconfisse Ulrico e lo imprigionò assieme a dodici canonici. Ulrico ottenne la libertà a condizione di pagare un tributo annuo di dodici pani, dodici porci e un toro, pagabili ogni giovedì grasso. Il Carnevale iniziava con il sacrifìcio di questi animali. Si allestivano, nella grande Sala del Piovego (Palazzo Ducale) scenari con piccoli castelli in legno, simili alle rocche sottomesse del Friuli. Il Tribunale della Serenissima, dopo un rapido e farsesco processo, emetteva la sentenza capitale contro gli animali ordinando alle guardie di eseguirla nella Piazza. Una porzione di carne veniva inviata ad ogni senatore e i pani venivano distribuiti ai carcerati.

Estintosi il dominio patriarcale di Aquileia, il tributo diventò carico delle casse della Repubblica,proseguendo ancora per un secolo. Nel tempo, si abolì il sacrificio dei porci, anche per rendere più dignitosa la festa, e si affidò l'inizio della festa all'entrata del Doge nella Sala del Piovego.

L'organizzazione della festa venne demandata agli Ufficiali delle "Razon vecchie", con decreto del 9 febbraio 1459 che stabilì anche uno stanziamento annuo. Fuochi artificiali e spettacoli di acrobati si tenevano al centro della Piazzetta di San Marco: " Le Forze d'Ercole", gara tra due fazioni opposte, i Castellani e i Nicolotti, che consisteva in esercizi come la piramide umana, della quale c'erano molte varianti: "Colosso di Rodi", "Cassa di Maometto", "La Bella Venezia".

La " Moresca ", danza araba militare, era seguita dal volo di un funambolo { si trattava quasi sempre di un Arsenalotto), che scendeva su una corda dal campanile di San Marco fino a raggiungere il Doge, nel pergolato del Palazzo Ducale, presentandogli una palma di fiori e alcuni sonetti.

Nei pomeriggi dei primi giorni di Carnevale fino all'ultima domenica (escludendo il venerdì) venivano permesse le "cacce ai tori", lotte tra buoi e cani addestrati a tal fine. Si allestiva una vera e propria "arena" nel colonnato. Dopo l'azzannamento del toro, era la volta di due o tre beccai (fra i quali c'era anche un cavaliere mascherato), i quali staccavano il cane dal povero toro, gli segavano le corna e lo abbattevano con un colpo di spadone. Furono gli austriaci a proibire le "cacce ai tori", in seguito al crollo di parte dell'arena. Altre "corride" vennero allestite nell'800° a Murano.

Con l'annessione di Venezia al Regno d'Italia, le"cacce ai tori" vennero definitivamente proibite.

Il Carnevale veneziano raggiunge il suo massimo splendore nel '700. Vive ancora nei campi (le piazze veneziane), ma i momenti di maggior fasto ed eleganza si hanno nei teatri con spettacoli importanti che richiamano gente da tutta Europa, nei palazzi dei patrizi, addirittura nei conventi e nei "caffè". Piazza San Marco rimarrà comunque ii centro del Carnevale e di ogni attrazione. Il Gran Teatro La Fenice nasce nel 1792 e ben presto raggiunge la celebrità con "La Cavalchina", ballo mascherato , dapprima riservato alla nobiltà e, in seguito, centro del Carnevale veneziano. Ogni ceto sociale aveva la possibilità di divertirsi nei balli pubblici ("festini").

Tra i balli in voga tra i popolani c'era la "Furlana", danza probabilmente del Friuli, che ballavano nelle loro abitazioni o per le calli.

A tarda ora, i divertimenti si prolungavano nei ridotti e nei "casini", case di modeste dimensioni o addirittura solo stanze adibite al gioco d'azzardo e agli incontri amorosi, molto spesso tra adulteri.

Il più celebre ridotto venne aperto a San Moisè, a Palazzo Dandolo nel 1638, dove i frequentatori dissipavano le loro ricchezze e dove avevano luogo infedeltà coniugali e storie di liberi amori. Il ridotto divenne a tal punto malfamato, che venne chiuso definitivamente nel 1774 per volontà del Maggior Consiglio della Serenissima. Con il progressivo declino del potere della Serenissima le feste, pubbliche e private, persero la loro magnificenza. Rimase la"Cavalchina", ballo che si teneva al Teatro La Fenice e che ormai veniva danzato solo dalla borghesia cittadina. La Serenissima Repubblica cadde nel 1797. Dopo la brevissima occupazione napoleonica, Venezia fu ceduta all'Austria e ciò coincise con la fine del Carnevale.

Nel 1866 si ebbe l'annessione di Venezia al Regno d'Italia e da allora si riprese la tradizione del Carnevale, rivissuta in chiave patriottica.

Si creò una "società dei Carnevale" con l'incarico di allestire il programma delle feste; progetto che ben presto naufragò. Si ebbe un nuovo tentativo di far rinascere il Carnevale nel I 899, con l'artista Mariano Fortuny e con il Principe Fritz Hohenloe.

Ma il Carnevale perse nuovamente la sua vitalità, e così si alternarono periodi più o meno gioiosi, finché addirittura non si celebrò più il rito della "Cavalchina" alla Fenice.

Nel 1980, con l'iniziativa della "Biennale di Venezia" e di alcuni veneziani illuminati, il Carnevale assurge a nuova vita.