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Il gonfalone di San Marco Testo di Mario De Biasi Presentazione di Giuliano Graziussi (Vivere a Venezia Gennaio-Giugno 1998)

Venezia - Museo Correr. Bandiera che apparteneva alla galeazza del doge Domenico Contarini (1659-1675).

 

Venezia - Basilica di San Marco. Cappella di Sant'Isidoro: mosaici del sec. XIV, raffiguranti l'arrivo del doge Domenico Michiel a Chio.

 

Venezia - Museo Correr. Il papa Alessandro III dona al doge Sebastiano Ziani le trombe d'argento e otto vessilli di vario colore, con al centro il leone di San Marco.

 

Venezia - Palazzo Ducale. Leone di San Marco di Jacobello del Fiore (1415).

 

Venezia - Palazzo Ducale. Vittore Carpaccio: li Leone di San Marco

 

30 aprile 1922: ritorna il gonfalone davanti alla Basilica di San Marco. L'illustrazione è riprodotta da Il Gazzettino Illustrato del 7 maggio 1922, che così commenta: «Una caratteristica e solenne cerimonia veneziana. Domenica scorsa Venezia ha assistito plaudente all'innalzamento del gonfalone di San Marco nella meravigliosa Piazza. Detto gonfalone, tessuto in rosso e oro, sventolerà d'ora in poi sull'antenna centrale fra le due bandiere nazionali, simbolo di fedeltà alle gloriose tradizioni della Serenissima».

 

Venezia – Archivio comunale: Gonfalone del Comune di Venezia (Decreto 1 maggio 1942)

 

Bandiera della Città di Venezia (D.P.R. 6 novembre 1996).

 

Bandiera della Città di Venezia (D.P.R. 8 gennaio 1997).

 

 

Anche in questo numero proponiamo un argomento monografico, ma per scelta editoriale e per arricchire le tematiche sono stati scelti due argomenti di differente interesse, entrambi prettamente veneziani.

Mosaici veneziani a tessere minute è l'argomento che Merkel tratta analiticamente collegando il collezionismo veneziano di mosaici minuti bizantini alla produzione dei mosaicisti di San Marco durante il Rinascimento. Merkel non ha trattato gli aspetti relativi a Firenze e Roma poiché sono capitoli distaccati da quelli veneziani per scelte artistiche e anche per la tecnica di esecuzione. Per Venezia e Firenze le consonanze tecniche riguardano il Rinascimento; invece i legami tra Venezia e Roma concernono la produzione settecentesca, che fa capo ai così detti mosaicisti sanpietrini. (...)

Il secondo argomento riguarda il gonfalone di Venezia trattato da Mario De Biasi. È lo studio non solo sulle origini dell'Emblema araldico, ma dei vari suoi impieghi in diverse epoche. Circostanze legate alla storia della Serenissima, al periodo dell'occupazione francese e austriaca e alla storia dell'unione di Venezia all'Italia, nei vari avvicendamenti e alleanze di governo fino ad oggi. Il De Biasi svolge da molti anni con unanime apprezzamento questo tipo di ricerca. Il gonfalone di Venezia infine è stato riconosciuto ufficialmente dal Presidente della Repubblica con due decreti: il 6 novembre 1996 e l'8 gennaio 1997. Con questi provvedimenti si è precisata la definizione del disegno e dei colori di questo emblema araldico, fondamentale e rappresentativo della città, definendolo e sciogliendolo da ogni superfetazione storica contemporanea.

Giuliano Graziussi

 

Venerdì 22 maggio, nella sala del Piovego di Palazzo ducale, sono stati presentati ufficialmente i nuovi emblemi araldici della Città di Venezia, approvati coi decreti del Presidente della Repubblica del 6 novembre 1996 e dell'8 gennaio 1997. Ho avuto in tale circostanza la soddisfazione di vedere finalmente realizzato un auspicio che avevo formulato da tempo, dal 1981, a conclusione di un mio studio su il Gonfalone di San Marco. In tale studio, infatti, dopo avere ripercorso attraverso le principali testimonianze scritte la storia del Gonfalone di San Marco, argomento che, nonostante la sua storia millenaria, non era mai stato adeguatamente sviluppato, mi auguravo che la Civica Amministrazione volesse adottare un apposito provvedimento il quale, modificando il decreto del 1° maggio 1942 e nel pieno rispetto della storia della nostra città, definisse in modo preciso e corretto i rispettivi simboli, dallo stemma al gonfalone. La soluzione allora adottata appariva chiaramente errata sotto l'aspetto storico e sotto quello araldico. Ho potuto così constatare che dopo di allora la storia del gonfalone, le vicende di questo simbolo, hanno incontrato l'interesse più vivo da parte degli studiosi e dei nostri concittadini.

Questo interesse si è infatti concretato, mi piace ed è doveroso ricordarlo, col restauro dello stupendo gonfalone del doge Domenico Contarmi del 1659, esposto nel nostro Museo Correr, realizzato da quattro Lions, che ne hanno assunto le spese, i Lions di Venezia, Lido, Mestre, San Donà di Piave. In tal modo è stato salvato un esemplare che altrimenti non avrebbe certamente superato le fredde ali del tempo. Questo gonfalone, che oggi possiamo ammirare in tutta la sua bellezza, era appartenuto, tre secoli fa, al doge Domenico Contarini (1659-1675), durante il cui dogado Venezia attraversò uno dei periodi più difficili della sua storia, a causa della guerra che infuriava allora contro i Turchi e che portò nel 1669 alla perdita di quasi tutta l'isola di Candia. Solo gli ultimi anni di vita del vecchio doge, morto alla bella età di novantaquattro anni furono segnati da un breve periodo di pace, un intervallo, in quel secolo, nella continua guerra che Venezia doveva combattere contro il secolare nemico. Alla famiglia Contarini appunto appartengono gli stemmi che compaiono in questo gonfalone, precisamente al centro delle code, sormontati dal corno dogale e alternati con lo stemma di Venezia, il Leone in moleca. Come si vede, lo stemma Contarini è inquartato nel primo e nel quarto d'azzurro a tre gigli d'oro, e nel secondo e nel terzo d'oro a tre bande d'azzurro. Merita ricordare che i tre gigli erano stati messi nello stemma della famiglia Contarini a seguito della concessione fatta da Francesco I, re di Francia, al generale Domenico, prozio del doge.

In questo gonfalone compare al centro il Leone di San Marco, col libro del Vangelo dove si leggono le famose parole «Pax tibi Marce, Evangelista meus». Questo Leone, con le zampe anteriori poggiate sulla terra da cui si erge una fortezza, e le posteriori sul mare, rappresenta la potenza di Venezia sia per terra che per mare. E non mancano neppure, nel lato superiore, i simboli dell'Annunciazione (si pensi al mito della fondazione di Venezia) con al centro lo Spirito Santo che fa scendere sul Leone, e quindi su Venezia, i suoi settemplici doni, sotto forma di fiamme che circondano da ogni lato il Leone, mentre ai lati, rispettivamente sinistro e destro, sono raffigurati San Domenico e San Francesco e, sotto, Sant'Antonio e San Marco con, al centro, la Madonna e il Bambino. Esemplare stupendo, dunque, questo, come potrà constatare chiunque intenda ammirarlo nella sala XI del nostro Museo Correr, la sala della numismatica veneziana e degli stendardi, accanto ad altri gonfaloni.

Ma passiamo brevemente alla ricerca sulle testimonianze storiche ed anche iconografiche del Gonfalone. Devo premettere che all'origine del mio interesse per questo argomento era il desiderio di conoscere la storia di un emblema tanto glorioso. Mi sono pertanto rivolto alle nostre biblioteche, sicuro di trovarvi ampia trattazione da parte di illustri studiosi. Mai più avrei pensato di trovarmi di fronte ad un argomento che non era mai stato adeguatamente sviluppato attraverso la sua secolare storia. Ciò ha maggiormente acuito il mio interesse e ha stimolato le mie ricerche, non sempre facili, archivistica e documentaria.

Il primo scrittore che parla del vessillo del ducato veneziano, e il cronista Giovanni Diacono. Egli scrive verso il 1000 e narra che il doge Pietro Orseolo 2°, prima di partire per una grande spedizione navale contro i Narentani, che molestavano le popolazioni venetiche dal mare, ricevette da Domenico, vescovo di Olivolo un triumphale vexillum. Circa un secolo più tardi, nel 1096, il doge Vitale Michiel I consegnò a suo figlio Giovanni, che stava per partire per la Terrasanta, lo stendardo con l'effigie di San Marco Protettor della Repubblica, che portava la Croce. Di un vessillo veneziano si parla anche al tempo del doge Domenico Michiel (1118-1129), del doge Pietro Polani (1130- 1148) e così pure in occasione della spedizione contro Ragusa nel 1171 e durante il famoso incontro fra papa Alessandro 3° e l'imperatore Federico Barbarossa (1177) durante il dogado di Sebastiano Ziani.

Come si vede, le testimonianze della presenza di un vessillo risalgono ai primi tempi della Repubblica. Nelle monete il Leone appare per la prima volta al tempo del doge Francesco Dandolo, fra il 1329 e il 1339, nel famoso soldino d'argento, conservato al Musco Correr, nella raccolta Papadopoli. Mollo interessanti, e stupendi, sono i mosaici della cappella di Sant'Isidoro, nella Basilica di San Marco, che raffigurano la traslazione del corpo di Sant'Isidoro dall'isola di Chio per opera del doge Domenico Michiel, avvenuta nel 1125.

E interessante soffermarci sul modo in cui veniva raffigurato il Leone negli emblemi della Repubblica: rampante, se di profilo, ritto sulle zampe posteriori; in moleca o in maestà quando è di fronte, seduto, accasciato, con le ali spiegate a ventaglio e nimbato. Infine troviamo il Leone detto andante o passante o stante, raffigurato di profilo e a figura intera, appoggiato su tre zampe, con la quarta posata sul Vangelo. Quando Venezia tenderà ad occupare la terraferma, il Leone viene raffigurato come un animale anfibio, con le zampe posteriori in acqua e le anteriori in terra, ad indicare il dominio della Repubblica sia per mare che per terra. Questa raffigurazione trova i suoi emblemi più significativi nei dipinti, in Palazzo ducale, di Vittore Carpaccio e di Jacobello del Fiore.

L'attaccamento verso questo simbolo trova una grande testimonianza anche alla caduta della Serenissima Repubblica.

Basta accennare a quanto successe a Zara e a Perasto.

A Zara i gonfaloni, staccati il primo di luglio del 1797 dagli stendardi della cittadella e della piazza delle Erbe, vennero portati sopra due bacili da due capitani, scortati da due compagnie di soldati, fino alla piazza dei Signori, dov'erano attesi da tutta la milizia veneta, che ancora vi si trovava. Quivi giunti, furono presentati al sergente generale Antonio Stratico, il quale pronunciò un patetico discorso e poi li consegnò a due colonnelli, uno italiano e l'altro dalmata. I gonfaloni furono quindi portati in processione, fra il fragore delle artiglierie, fino alla chiesa cattedrale e quivi deposti sull'altar maggiore, dopo di che fu cantato il Te Deum, con l'orazione per il nuovo imperatore. Dopo il Te Deum il sergente generale avanzò verso l'altare e baciò i gonfaloni lacrimando per la commozione. Il suo esempio fu seguito da tutti gli ufficiali dalmati e italiani, che erano 160. e quindi da una quantità di popolo e, come racconta un testi mone, «talmente dalle cadute lacrime rimasero bagnati li vessilli, come se fossero stati immersi nell'acqua».

Non meno suggestivo fu il rito che si svolse a Perasto. Quivi il popolo volle dimostrare il suo affetto verso l'estinta Repubblica dando al Gonfalone di San Marco sepoltura sotto l'altare della propria chiesa.

Memorabile è il discorso pronunciato dal Capitano di Perasto, conte Giuseppe Viscovich, il 23 agosto del 1797, in cui con parole semplici e commoventi manifestava i sentimenti e i rimpianti del suo popolo. In questo discorso si afferma che «Perasto ha degnamente sostenuto fino all'ultimo l'onor del Veneto Gonfalon, onorandolo co sto atto solenne e deponendolo bagna del nostro universal amatissimo pianto».

Con la caduta della Repubblica (1797) l'antico emblema subì varie trasformazioni. Sotto il dominio napoleonico fu adottato uno stemma consistente nel Leone coronato in piedi (brandente con la zampa anteriore destra una spada), in grembo all'aquila napoleonica. Più tardi, sotto il governo austriaco, il glorioso Leone fu raffigurato accovacciato sul terreno, con sopra l'aquila bicipite imperiale austriaca svolazzante.

Ben giustamente, nella seduta del Consiglio comunale del 15 dicembre 1879, queste raffigurazioni del Leone furono definite «Profanazioni ignominiose».

Durante il glorioso '48-49 il Leone di San Marco tornò l'emblema dello Stato, infatti il decreto 27 marzo 1848 così prescriveva: «La bandiera della Repubblica Veneta è composta dei tre colori verde, bianco e rosso; il verde al bastone, il bianco nel mezzo, il rosso pendente. In alto, in campo bianco, fasciato dai tre colori, il Leone giallo. Coi tre colori comuni a tutte le bandiere odierne d'Italia, si professa la comunione italiana. Il Leone è simbolo speciale di una delle italiane famiglie». Quando poi Venezia fu ricongiunta all'Italia, la bandiera che Vittorio Emanuele II decorò 1' 11 novembre 1866 era il tricolore italiano a stole di seta rossa con Leone d'oro ai capi scelta da una speciale commissione l'8 novembre 1866. Ma si dovette successivamente decidere sull'emblema che Venezia doveva adottarsi. Per questo fu nominata una commissione di esperti, la quale propose di assumere il gonfalone come simbolo della città. Si giunse così alla seduta del Consiglio comunale del 15 dicembre 1879, nella quale la Giunta, anziché uniformarsi alla proposta della commissione di esperti, propose «come bandiera del Comune di Venezia la bandiera tricolore nazionale in tre campi, verde all'asta, bianco in mezzo e rosso all'aria. Per tutto il campo verde in larghezza e per un terzo della sua altezza verrà inquartato un Leone d'oro passante con libro e spada in campo rosso».

Questa proposta venne approvata dal Consiglio comunale a maggioranza. Questa decisione fu molto criticata dagli studiosi, fra cui Bartolomeo Cecchetti, insigne studioso, ma non se ne fece nulla, e ancora nel 1914 un altro studioso, Ricciotti Bratti lamentava che. nonostante la nomina di un'apposita commissione che doveva prendere decisioni in merito agli stendardi di Piazza San Marco, non fosse stato preso nessun provvedimento. A questo punto viene naturale chiedersi da quando sia ricomparso il gonfalone sullo stendardo centrale della piazza davanti alla Basilica.

Ciò avvenne il 30 aprile del 1922 per iniziativa di un apposito comitato cittadino il quale a seguito di una pubblica sottoscrizione, alla quale partecipò anche il Comune, offrì al Sindaco un Gonfalone lungo 15 metri e largo 7 metri e venti. La cerimonia era stata fissata per il 25 aprile, festa di San Marco, ma dovette essere rinviata, a causa del pessimo tempo, alla domenica successiva.

Va precisato che allora, come raccontano le cronache dell'avvenimento, il gonfalone venne alzato sull'antenna centrale, mentre su quelle laterali sventolava il tricolore; attualmente il tricolore è al centro.

E veniamo al penultimo decreto. Il 1° maggio 1942, a seguito dell'istanza in data 12 settembre 1938 del Podestà di Venezia al Capo del Governo, veniva emanato il decreto relativo agli emblemi della Città di Venezia: stemma, sigillo, gonfalone, bandiera. Dopo l'ultimo conflitto, questo decreto è stato semplicemente depennalo di quanto non doveva più comparire, cioè dei simboli del fascismo. Si rendeva pertanto necessario adottare un nuovo provvedimento. In particolare mi auguravo, nel mio studio del 1981, «che scompaia, naturalmente, de iure, oltre che de facto, quella bandiera, il tricolore col leone andante sul verde, che è stata tanto criticata». Sono passati alcuni, anzi parecchi anni. Finalmente, con lodevole iniziativa, la Civica Amministrazione ha deliberato di chiedere l'emanazione di un nuovo decreto, il quale definisse in modo preciso e corretto i simboli della Città, dallo stemma, al sigillo, al gonfalone, alla bandiera. La Giunta municipale, in data 30 marzo 1995, incaricava Mario De Biasi e Giorgio Aldrighetti, rispettivamente per la parte storica e araldica, a definire i nuovi emblemi araldici per la Città di Venezia. Tale deliberazione della Giunta veniva adottata, nel giugno successivo, all'unanimità, dal Consiglio comunale. I bozzetti relativi che accompagnano la relazione storico-araldica sono opera di Sandro Nordio. L'unanime deliberazione del Consiglio comunale di Venezia veniva definitivamente approvata con decreti del Presidente della Repubblica in data 6 novembre 1996 per lo stemma e il gonfalone, e in data 8 gennaio 1997 per il sigillo e la bandiera.

Mi piace, e penso piaccia a tutti i veneziani amanti della loro città, che sia stato finalmente accolto l'auspicio di poter vedere nelle cerimonie ufficiali sventolare il gonfalone (a bandiera) della Città di Venezia, così come nei secoli della Serenissima sventolava glorioso sulla poppa delle navi veneziane.

È questo un privilegio giustamente riconosciuto alla Città di Venezia.

Mario De Biasi  

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